Le cliniche legali, sin dalla loro primissima concezione, vengono attivate con la finalità di curare persone in condizioni di vulnerabilità sociale e giuridica. Secondo la ricostruzione che Richard Wilson ne propone, nel volume “The global evolution of clinical legal education. More than a method” (2019), la prima clinica legale era stata attivata presso l’Università della Pennsylvania alla fine del 1800 e recava la denominazione di law dispensary. Parallelamente altre fonti statunitensi attestano l’esistenza di una legal clinic, nello stesso periodo, presso l’Università di Copenaghen, gestita da studenti e destinata a supportare casi di persone straniere. La diffusione delle cliniche legali nelle law schools statunitensi avverrà più tardi, a partire dagli anni ’70, come espressione dei movimenti di rivendicazione dei diritti delle minoranze.

In Europa, la diffusione delle cliniche legali è avvenuta a partire dalla riforma di Bologna degli anni 1990, come espressione della Terza Missione dell’Università. Esse si propongono non solo come un percorso pratico (learning by doing) di professionalizzazione dei percorsi di studio, specialmente nei Dipartimenti di Giurisprudenza, ma anche come una sfida etica e deontologica per docenti e studenti che mettono le proprie competenze al servizio di persone e gruppi di persone socialmente e legalmente vulnerabili, favorendone l’accesso ai diritti e alla giustizia. Il percorso clinico-legale consente agli studenti di acquisire competenze e abilità, a contatto con operatori giuridici e sociali, lavorando con persone in condizione di marginalizzazione nel loro contesto di vita, con un approccio olistico nella soluzione del caso. Il primo step verso la creazione di una Clinica legale, presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, è stata l’attivazione di un insegnamento di Formazione clinico-legale sin dal 2017 (a titolarità della Prof.ssa Flora Di Donato), con i seguenti obiettivi:
1. offrire agli studenti un “laboratorio di analisi casistica” creando un ponte con istituzioni esterne: Tribunali, Commissioni territoriali, studi professionali, organismi internazionali, cooperative sociali, associazioni di volontariato. Gli studenti forniscono supporto legale, redigendo atti, contribuendo alla stesura di decisioni, richiedendo permessi, rimuovendo ostacoli amministrativi.
2. avvalersi di collaborazioni interdisciplinari, dialogando con ricercatori di altre discipline (le scienze sociali in particolare);
3. ideare azioni di empowerment per soggetti giuridicamente vulnerabili, come richiedenti asilo, apolidi, persone con disabilità o senza fissa dimora.
